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Atalanta e Lazio, appuntamento con la storia

Questa sera ritorna la competizione per club più affascinante con la Lazio che ospita i campioni del mondo del Bayern Monaco. Una partita sulla carta proibitiva, “ingiocabile” giusto per citare il tecnico biancoceleste Simone Inzaghi. Il calcio è però ciò che esiste di più lontano dalla teoria e dalle ipotesi. Un match affascinante dal sapore di storia.

Servirà la notte perfetta. Lo sa bene la Lazio, pronta ad affrontare i campioni di tutto e misurare la distanza dall’eccellenza. “Nel nostro percorso abbiamo già giocato tante finali e questa rappresenta il coronamento di cinque anni di lavoro”. Così il tecnico Inzaghi alla vigilia di questi ottavi di Champions League. Quello di Immobile e compagni è un percorso straordinario, sempre competitivi in campionato e ora pronti per l’Europa. Lo stile di gioco e la strategia tattica potrebbero persino mettere in difficoltà i bavaresi, abituati a dominare il gioco e non sempre impeccabili quando subiscono i ribaltamenti d’azione.

Petto in fuori per Inzaghi. “Vogliamo fare una partita che ci consenta di rimanere aggrappati alla qualificazione”. Se così fosse sarebbe grande Lazio, senza dimenticare quel duello tra due attaccanti straordinari del panorama internazionale. L’edizione 2020 della Scarpa d’oro è stata roba per Ciro ImmobileRobert Lewandowski si carica e fiuta la porta come la sua personale rivincita: difficilmente ha sbagliato nei grandi appuntamenti.

L’entusiasmo e la spensieratezza dell’Atalanta dovranno restare intatti anche domani sera. A Bergamo arriverà un incerottato Real Madrid con l’intenzione di mettere la firma su questa pagina sportiva. Gli uomini di Gasperini sono probabilmente la squadra più europea del nostro campionato e giocheranno senza alcun timore reverenziale. L’ultima campagna europea ha dimostrato che non esistono limiti per questo gruppo e l’occasione è di quelle ghiotte: il Real Madrid di Zidane è sicuramente favorito per storia ed esperienza dei suoi campioni, il momento non è però incoraggiante.

Si sfideranno quindi un team nel pieno della propria espressione tencnico – sportiva e un altro a un passo dall’oblio. Ai nerazzurri di Bergamo il compito di sferrare l’ultimo colpo a una nobile del calcio mondiale. Lazio e Atalanta, la storia vi aspetta. Con coraggio e ambizione nessun traguardo apparirà irraggiungibile.

Riccardo Amato

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Urlo Inter! Lo scudetto è più vicino

L’Inter batte il Milan 3 a 0 nel derby più importante degli ultimi dieci anni. Il tabellone di San Siro dice tutto quello che volevamo sapere. I curiosi e gli scettici hanno pane per i propri denti. L’Inter è da scudetto, probabilmente lo è sempre stata ma adesso inizia un nuovo campionato, affascinante e difficile: quello che conduce alla vittoria. 

L’eterno duello tra Ibrahimovic e Lukaku, la rinascita di una tifoseria rosso – nerazzurra che non alzava la voce da parecchio tempo, la voglia di superarsi e conquistare la vetta della classifica. I motivi per vincere questo derby c’erano tutti. Antonio Conte nel pre partita indica il campanilismo e la classifica. Questa lotta tra titani valeva molto di più dei tre punti. Il campo ha parlato: l’Inter è superiore a questo Milan.

Stefano Pioli arriva a questo appuntamento con orgoglio e coraggio, sapendo che i suoi uomini stanno rallentando dopo i miracoli degli ultimi mesi. La squadra è giovane, dipende assolutamente dal suo leader tecnico e sta viaggiando oltre le proprie possibilità da tempo. La stracittadina rappresenta però quel bivio tra l’essere grandi e il cedere il passo a chi lotta per gli stessi obiettivi.

Ed è proprio dentro le incertezze rossonere che si inserisce l’Inter, il cliente più scomodo, la predatrice che aspetta la preda, il Biscione che morde un Diavolo non più nel pieno delle proprie forze. La rincorsa nerazzurra ai cugini è iniziata qualche mese fa, dopo aver perso immeritatamente il derby d’andata, dopo le sofferenze patite in Champions, costruendo un futuro diverso a partire dalle proprie fragilità. 

Ha vinto ancora una volta il gruppo. Perché se Perisic ed Eriksen si trasformano da bruchi in farfalle, qualcosa vorrà pur dire, perché se segni 57 gol in 23 partite e subisci poco o niente, hai tanto da dire e non importa chi hai di fronte. I nerazzurri hanno dimostrato sul campo di essere la squadra con maggiori risorse, che deve sicuramente migliorare per puntare a quello scudetto che manca da undici anni.

È solo festa? I silenzi assordanti sono due: quello di Zhang fuori dal campo e quello forse ancora più grave di Ibrahimovic, stoppato da un super Handanovic in un paio di occasioni. Lo svedese resta a secco (che notizia!) e il Milan si ferma. Ora sono tre le sconfitte nelle ultime cinque gare disputate. Qualcosa a Milanello è cambiato e fortuna che la Roma si sia inceppata contro il Benevento. Il campionato dei rossoneri resta di alta classifica, con uno spirito diverso e la risalita pericolosa di alcune squadre costruite per gli stessi obiettivi.

Sembra spianata la strada per l’Inter di Conte. Dipende tutto dai nerazzurri, che nelle prossime giornate devono temere soltanto se stessi e alcuni eventuali cali di tensione. La rosa è al completo e ha bisogno di alcuni giocatori fermi ai box da diverso tempo. La maturità e la convinzione raggiunte sono il frutto di un anno e mezzo di lavoro, certificato dalla vittoria altrettanto importante contro la Juventus. Lo scudetto è possibile, l’Inter ha intrapreso la strada che porta alla vittoria.

L’urlo finale è dell’Inter. Nel silenzio di San Siro il popolo nerazzurro scalda i propri cuori ed esplode fuori dallo stadio, accollandosi quella responsabilità di un destino vincente. La corsa in campionato è tutto ciò che è rimasto e tutto ciò che conta. Vincere è la risposta a ogni critica, la vocazione di chi sogna di diventare grande superando ogni difficoltà. 

Riccardo Amato

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Lo strano caso Di Francesco

Stimato, acclamato e infine incaricato di pieni poteri sportivi per rianimare un Cagliari nelle paludi della Serie A. Soltanto pochi mesi dopo, nonostante il mancato arrivo di incoraggianti risultati sportivi, la scelta più bizzarra: il rinnovo fino al 2023. E adesso, la decisione: fuori Di Francesco dentro Semplici, atterrato stamattina in Sardegna. Un circo che ci ricorda quanto sia difficile costruire e semplice distruggere.

Nessuno meglio di lui può raccontare il mestiere dell’allenatore. Dalla gavetta, passando per alcune importanti stagioni rivelazione, fino ai momenti più bui e agli esoneri. Eusebio Di Francesco starà cercando di porre rimedio a infiniti dubbi, risolvendo enigmi che si intrecciano tra presente e passato.

La sua storia d’amore con il Cagliari è già finita. Chiaro dopo 16 partite senza vincere, sorprendente se ci si ricorda come soltanto qualche settimana fa il club sardo avesse annunciato il rinnovo del suo contratto.

Evidentemente ogni squadra e ogni società contengono dinamiche e problemi. Non basta spostare a Roma un tecnico che stupì tutti per gioco e risultati col Sassuolo, il calcio e la matematica non vanno d’accordo. E così ecco il fallimento a Genova, sponda Sampdoria e alla Roma, proprio dove sfiorò una finale di Champions nel 2018 dopo un match epico giocato contro i super campioni del Barcellona.

La vita a volte ti offre ben più di una seconda possibilità. Sbagli se continui a commettere gli stessi errori, facendo finta di niente. E gli errori sono tutti del Cagliari, protagonista già in passato di scelte azzardate e rivelatesi fallimentari. Quello che sembrava il perfetto sodalizio sportivo si è arenato alle prime difficoltà. In questa Serie A si è compreso subito chi avrebbe fatto fatica e se un Torino è corso ai ripari troncando sul nascere una suggestione, a Cagliari hanno illuso un’intera piazza spacciando rame per oro.

Oggi si svolta, con amarezza e colpevole ritardo. L’era Semplici sta per iniziare, con l’ex tecnico della Spal chiamato quantomeno a ritrovare entusiasmo e risultati. In estate sembrava quasi che il problema fosse soltanto la permanenza di Nainggolan. Dietro le quinte qualcosa si è rotto ed è sotto gli occhi di tutti. Ora serve recuperare parte del tempo perduto e risalire la china. Lo chiedono i tifosi, lo insegnano la storia e i successi di un club che rischia di salutare la categoria.

Nella crisi si nasconde persino un’opportunità: scrivere un nuovo capitolo della storia del club. Con umiltà e ambizione, trasmettendo stabilità e passione, facendo tesoro degli errori del passato, per non accostare un nuovo sfortunato cognome al prossimo progetto sportivo. I numeri non mentono: otto allenatori esonerati in sette anni rappresentano un patrimonio umano e tecnico che poteva essere gestito diversamente.

Riccardo Amato

Il fascino dell’Europa League

L’IMPRESA DI DEKI

La chiamano “l’altra Champions”, quella del “vorrei ma non posso” e invece questa Europa League sa regalare emozioni e gol al pari della più importante competizione continentale. La serata appena trascorsa ci ha dimostrato per l’ennesima volta il teorema del “giocare in Europa è differente”, attraverso risultati inaspettati. Il primo derby della settimana si è giocato a circa 1000 kilometri di distanza dallo stadio Giuseppe Meazza e ha riguardato Dejan Stankovic e la sua Stella Rossa di Belgrado. L’ex drago nerazzurro è riuscito nell’impresa di fermare un Milan che ha forse inconsciamente sottovalutato l’impegno, ricorrendo a un moderato turn over in vista del derby, quello vero e sentito, di domenica prossima.

DZEKO GOLEADOR

Se Pioli torna a casa con un po’ di amaro in bocca è grazie al tecnico emergente e alle incognite che presenta una competizione forse ancora più indecifrabile della sorella Champions League. La Roma contro il Braga si gode il ritorno al gol dell’uomo più decisivo in rosa, quell’Edin Dzeko che continua a stupire per costanza e longevità nel timbrare il cartellino nelle competizioni europee. Con quello di ieri sera sono 28 i gol in 48 apparizioni tra Champions ed Europa League: quando il gioco si fa duro, Edin sa come fare. Continua così il momento positivo dei giallorossi, che non avevano di fronte a sé un avversario formidabile ma che possono così rituffarsi nella corsa in campionato con meno preoccupazioni.

LE ALTRE PARTITE

Cade il Napoli, vincono Ajax, Villareal e Manchester United. Solo 1-1 tra Benfica e Arsenal, nobili decadute che cercano il rilancio agli ordini rispettivamente di Jorge Jesus, mostro sacro della panchina e un promettente Mikel Arteta, ex assistente di un certo Pep Guardiola al Manchester City. Dopo la finale conquistata dall’Inter l’anno scorso (poi sconfitta dal Siviglia di Lopetegui), questa edizione potrebbe sorridere alle italiane. L’unico vero spauracchio si chiama Manchester United, anche se gli inglesi, al pari del Tottenham di Mourinho, devono ancora entrare nel vivo della loro stagione e comprendere quale sarà il loro destino in Premier. 

NUOVE OPPORTUNITÀ

Da rompicapo ad opportunità. Dopo anni di silenzi e sciagure sportive, l’occasione di arrivare alle prossime sfide con qualità e organizzazione, senza snobbare una competizione che permette di giocare nella prossima stagione la Supercoppa europea. Alla fine vincerà soltanto una squadra, meglio attrezzarsi per concludere al meglio la stagione e possibilmente ridurre il gap con chi sta davanti per ranking e risorse.

Riccardo Amato

 

Ecco perché la Roma non ci sta deludendo

Dalle macerie possono rinascere strade, città e interi paesi. Nel caso della Roma serve molto meno e con i Friedkin la strada sembra sempre meno in salita.

Partiamo dal campo, quel testimone che non mente mai. La Roma sta mantenendo un passo da big, con le ultime proiezioni che le garantirebbero una nuova qualificazione europea. È questo l’obiettivo della squadra guidata da Fonseca, ricca di talento e sensibile agli alti e bassi di una stagione impazzita. In un campionato così equilibrato e allo stesso tempo impossibile da decifrare, i giallorossi possono alzare la voce e sistemarsi subito alle spalle delle due milanesi.

Il secondo anno di Fonseca a Roma è più che promettente, soprattutto se si guarda alla possibilità concreta di migliorare il quinto posto della stagione 2019/20. L’undici in campo è competitivo e può crescere ancora. La recente prova contro la Juventus allo Stadium, nonostante il risultato finale, ha confermato abbondantemente questa tesi. L’estro e la dinamicità di Veretout e MKhitaryan hanno pochi eguali in Europa.

E in questa Roma c’è anche un po’ di Italia. Da Mancini a Mancini. Il primo, difensore tuttofare proveniente da quel serbatoio di talenti chiamato Atalanta, il secondo ct di una Nazionale che si prepara ai prossimi Europei con la consapevolezza delle grandi. Lorenzo Pellegrini non viene più chiamato Capitan Futuro solo perché non ha portato fortuna a un altro candidato, ora sotto la Tour Eiffel. Presente e futuro di un gruppo con potenzialità ancora da riversare sul campo. La verità e che non conosciamo ancora del tutto il valore di questa squadra.

Sul fronte societario si iniziano a muovere alcune pedine in posizioni strategiche e si punta a nuovi accordi non solo sul fronte delle sponsorizzazioni. L’obiettivo di Friedkin è ambizioso: riportare la Roma ai fasti dei primi anni Duemila, scivolando sulle onde della pandemia e consolidando un percorso sportivo iniziato soltanto un anno e mezzo fa. L’arrivo di una nuova proprietà porta con sé quei necessari propositi di innovazione e cambiamento, che dovranno rivelarsi funzionali al contesto e agli obiettivi da centrare.
Ecco perché la Roma non ci sta deludendo, anziLe scelte di mercato della scorsa estate si sono rivelate azzeccate e per migliorare questa rosa servono (urgentemente) solo un portiere e un attaccante di alto livello. Dopo i tanti rumour sembra davvero al capolinea la storia di Dzeko all’ombra del Colosseo. 

Questo finale di stagione potrebbe consegnare alla città quel tesoretto ricco di soddisfazioni ed orgoglio da custodire per un futuro radioso. Una eventuale qualificazione Champions peserebbe come uno scudetto sul piano sportivo ed economico. Persino il derby perso contro la Lazio potrebbe assumere un sapore diverso leggendo a maggio la classifica finale.

Riccardo Amato 

 

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Un week end pazzesco! L’Inter è capolista e le altre…

Quante sorprese in questo turno di Serie A! Più dei risultati, l’incertezza che ci accompagnerà fino alla fine. Una nuova capolista, l’Inter di Romelu Lukaku, due cadute importanti (quelle di Juventus e Milan) e altrettanti balzi in avanti per chi stava tirando il fiato e ha visto una corsia libera per tentare il sorpasso.

Non può che essere lui, Big Rom, l’uomo copertina di questa 22a giornata di Serie A. Trascina dietro di sé gli avversari, che si chiedono solo come evitare il peggio (e non ci riescono), domina la partita e porta in alto l’Inter, nuova padrona di questo campionato. Gli uomini di Conte vincono un fondamentale scontro diretto contro la Lazio di Simone Inzaghi e si godono almeno una settimana al sole, in attesa di un derby da urlo. I nerazzurri non falliscono l’appuntamento e rispediscono al mittente le critiche di qualche giorno fa. “Meglio arrivare al derby da primi” dice Conte, nato per la vittoria, e siamo d’accordo con lui.

Inaspettati i flop di Juventus e Milan. Se i partenopei si stanno abituando negli ultimi anni a vestire i panni di guastafeste quando di fronte c’è il bianconero, la lezione di calcio impartita da Italiano a Ibra e compagni ha il sapore della storia. Lo Spezia potrebbe anche risentirsi nel venire acclamato solamente come favola di questo campionato. Due occasioni perse, con il gruppo di Pioli che ridimensiona gli undici mesi di imbattibilità e deve fare i conti con possibili contraccolpi psicologici. L’Europa offre subito l’occasione per il riscatto, con il ritorno di Champions ed Europa League per le due formazioni.

A Roma il dilemma è “cosa fare con Fonseca”, come racconta Fabrizio Bocca sul suo blog. Questa squadra esprime un calcio piacevole ed è subito dietro le grandi favorite. La vittoria contro l’Udinese è una boccata di ossigeno a pieni polmoni. Cosa manca per ambire al bottino pieno? Probabilmente è questa la dimensione della Roma, che ha steccato contro le grandi (match con l’Inter a parte) ma che tiene momentaneamente dietro in classifica una Juventus partita con ben più golose ambizioni.

Atalanta e Sassuolo si godono un week end di conferme e risultati. La Dea in particolare aggancia Napoli e Lazio e dichiara ufficialmente aperta la lotta al quarto posto. I neroverdi di De Zerbi si trovano in un limbo che per ora non presenta ostacoli. Puntare ancora più in alto significa cercare un risultato di prestigio contro una delle sette sorelle, per forza di cose favorite. Tagliare il traguardo prima del Verona e dare fastidio a tutti fino in fondo possono rappresentare un buon compromesso tra sogni di gloria e semplice realtà.

La Serie A ha cambiato padrona. Sarà un passaggio di consegne definitivo o dobbiamo aspettarci un’alternanza pericolosa? L’Inter senza coppe ha uomini, forza e consapevolezzaIn questo momento Milan e Juventus sembrano avere la testa più pesante. Attenzione alla risalita del Napoli, con un Gattuso che a questo punto meriterebbe una conferma scaccia pensieri.

Riccardo Amato

La Juve è tornata (grazie a Inter e Milan)

Non sarà certo un’Ode alla Juventus di Andrea Pirlo questa, semmai una constatazione numerica: la Juventus è tornata. Lo raccontano i numeri. In altri termini il famoso gap tra la squadra campione d’Italia e le aspiranti al titolo si è assottigliato ma esiste ancora.

Sarebbe stata la notte perfetta, quella appena passata, per spodestare simbolicamente la grande favorita dal trono. Nove anni di successi e la concreta possibilità di rimanere a bocca asciutta dopo grandi cavalcate verso la vittoria. Così non è stato. L’Inter di Antonio Conte esce con le ossa rotte dallo Stadium più per demeriti propri che altrui e ridimensiona i piani di gloria.

Siamo stati forse incauti a dare la Juventus per spacciata. Ci hanno pensato poi Inter e Milan, proprio loro, a tendere la mano all’acerrima rivale in difficoltà e alla ricerca di gioco e certezze. Nei 4 scontri diretti con le milanesi, tra campionato e coppa, i bianconeri hanno perso solo una volta (2-0 per l’Inter a San Siro) eppure quello stop sembra ormai lontanissimo. Quasi un incidente di percorso o una terapia d’urto. Il presente si chiama ancora vittoria o comunque finale.

La grande scommessa di Andrea Agnelli si sta trasformando in rivoluzione morbida, assorbita e accettata da un ambiente che ha ancora fame e non intende mollare la presa. E la differenza, pensate un po’, la fa ancora Cristiano Ronaldo, capace da solo di vincere il duello con la coppia Lukaku – Lautaro indirizzando sette giorni fa questo Derby d’Italia.

Cola a picco invece la nave di Antonio Conte. Il campo ci ha mostrato una realtà diversa dal risultato finale ma bisogna sempre rispettarla. I problemi dell’Inter coincidono con i suoi punti di forza: quando deve attaccare e imporre il proprio gioco, la squadra fa tremendamente fatica, mancando di quel giocatore di qualità capace di inventare la giocata verticale per i compagni. Non basta la solidità difensiva e tanta organizzazione (ma la Juve non è stata da meno), così come non si possono spiegare quei 25 minuti iniziali consegnati agli avversari in attesa di un miracolo che non si è realizzato.

“Dovremo essere perfetti” è quindi diventata la versione aggiornata del “Dobbiamo uccidere sportivamente gli avversari, quando ne abbiamo le facoltà”. Peccato che poi all’interno dei 90 minuti gli avversari segnino due gol senza calciare mai in porta. Che succede, Antonio? È tempo già di un primo bilancio per entrambe le squadre. La Juve può concludere la propria stagione con (almeno) due trofei in bacheca, mentre all’Inter resta solo il campionato (e non siamo nemmeno a marzo). I conti si fanno alla fine, è vero, ma la vera scialuppa di salvataggio nerazzurra si chiama scudetto. Senza se e senza ma.

Esce dalla tempesta Andrea Pirlo, aggiornando il filotto di vittorie consecutive e pensando già agli ottavi di Champions. La squadra deve migliorare ma costruisce su solide fondamenta. De Ligt e Demiral non hanno fatto rimpiangere Bonucci e Chiellini, così come la strategia di coprirsi e sfruttare gli errori degli avversari si sta rivelando efficace. Entriamo così nel vivo di questa stagione sportiva e le tre grandi Milan, Inter e Juventus ricominciano il loro percorso proprio da qui.

Solo il tempo ci dirà quanto avrà pesato questa partita nella testa dei giocatori in campo. Il mese di febbraio non finisce certo qui ed è pronto a consegnarci risultati essenziali per comprendere chi salirà sul treno ad alta velocità dello scudetto e chi rischierà di scendere in anticipo.

Riccardo Amato

Rivoluzione Inter: il futuro è adesso

Più passano le ore e più si fanno assordanti i silenzi della proprietà cinese Suning dell’Inter. Silenzi non casuali, bensì figli di una situazione in divenire, che porterà in ogni caso a una rivoluzione. Facciamo il punto della situazione con un occhio al presente e uno al futuro.

L’Inter è in vendita (o almeno una quota consistente del proprio pacchetto azionario) e questa non è certo una novità. La proprietà deve onorare 200 milioni di debiti (una larga parte per gli stipendi della rosa) e da Pechino è arrivato un diktat ben preciso: stop agli investimenti dalla Cina con destinazione l’estero. Come uscire da questa situazione?

Zhang Jindong e i suoi collaboratori stanno da tempo cercando sul mercato un partner solido e affidabile per una transizione, con il reperimento delle risorse essenziali per la sopravvivenza del club e la salvaguardia della propria immagine. Tra marzo e aprile si conosceranno i termini per le scadenze Uefa e i tempi stringono sempre di più. Serve liquidità.

Nonostante le smentite, continua la trattativa con BC Partners, che attende una risposta sulla prima offerta giunta sulla scrivania di Viale della Liberazione a Milano. Sembrano essere proprio loro i principali interlocutori della trattativa. Il tempo gioca a favore dei compratori, non certo dei venditori, che potrebbero temporeggiare solo di fronte a una situazione intermedia: un prestito per arrivare alla fine della stagione con la possibilità di rivedere i termini dell’accordo.

E qui arriviamo alle cose note della galassia nerazzurra. Conte e Marotta cercano di tenere il timone di una nave in piena tempesta. Il primo isolando la squadra e conducendola possibilmente alla vittoria del primo trofeo della sua gestione, ben più arduo si sta rivelando invece il lavoro del dirigente varesino. L’Inter si ritrova nel bel mezzo di un passaggio di proprietà nel momento clou della sua stagione sportiva.

La sensazione è che anche il progetto sportivo possa subire delle scosse, in un senso o nell’altro. Ci sono circa 50 milioni di motivi per non cacciare Conte a fine stagione, tuttavia una nuova proprietà avrebbe i suoi buoni motivi per dar vita a un nuovo progetto con nuovi attori. I tifosi interisti guardano al futuro con apprensione e la società non li sta certo rincuorando. Tra Nanchino e Londra qualcosa si sta muovendo e nelle prossime settimane potrebbero trapelare nuovi dettagli sul futuro immediato della squadra nerazzurra.

Sotto questo cielo denso di nubi è già tempo di impegni ufficiali. E che impegni. Stasera si gioca il secondo atto del Derby d’Italia di Coppa Italia. Questa Juventus – Inter è diversa dalle altre e pende dalla parte degli ospiti per aspettative e ambizioni. In palio non c’è soltanto una finale ma l’uscita dal tunnel delle incertezze di inizio stagione. Un risultato positivo potrebbe rasserenare l’ambiente e rilanciare un progetto sportivo iniziato un anno e mezzo fa e che rischia di fermarsi alle prime difficoltà.

Riccardo Amato

Coppa Italia, il primo atto va a Pirlo

La Juve fa i gol, l’Inter la prestazione (e gli errori). È andata più o meno così ieri sera a San Siro. Dopo lo scivolone in campionato, Buffon e compagni sono chiamati a una risposta nella partita più attesa, in palio tra soli 7 giorni, c’è la finale di Coppa Italia, secondo possibile trofeo stagionale per i bianconeri.

È partita maschia, partita vera. Calvarese ha il suo bel da fare e riesce subito a sedare gli animi infuocati di due aspiranti al titolo. Parte bene l’Inter che, dopo soli dieci minuti, trova il vantaggio sull’asse Sanchez – Lautaro, per poi ripiombare in vecchie amnesie del passato. Prima Young (con un gesto plateale da debuttante in area di rigore) e poi Handanovic (cosa ci faceva a 20 metri dalla porta sguarnita?) confezionano il pacchetto per Andrea Pirlo. Lo scarta CR7: 2-1. Per l’Inter ora si fa dura.

La Juventus raccoglie oltre quanto meritato e copre diversi limiti, il primo la continuità nell’arco dei 90 minuti. È bastata una porzione convincente di primo tempo, condotta sulle ali dell’entusiasmo di Cristiano Ronaldo, per uscire dal Meazza con la vittoria e un piede in finale. Il calcio sa però esaltarti o condannarti attraverso gli episodi. Quanti rimpianti per l’Inter. Antonio Conte lo aveva detto alla vigilia: “Gli errori dovranno essere minimi”. Appunto.

Resta un secondo tempo dominato dai padroni di casa, con gli ospiti che si fanno vedere dalle parti di Handanovic solo intorno all’80’ minuto. Pirlo sa che per tornare a dominare dovrà fare molto di più. Le scelte del secondo tempo sono un chiaro indirizzo: atteggiamento e ambizione non sono da top club. Tuttavia due gol (in trasferta) erano già stati segnati. Non delude nel complesso l’Inter perché, al netto di due errori decisivi, tiene testa e fa meglio della Juve nonostante le assenze di due big come Lukaku e Hakimi (26 gol in due in questo primo scorcio di stagione). Si rivedono però alcune lacune: Darmian e Young si limitano al compitino (poche le alternative in panchina) e davanti si realizza meno del minimo sindacale rispetto alle occasioni create.

Osservando il campo, l’Inter conferma il momento positivo dal punto di vista del gioco, con una manovra più fluida rispetto al recente passato e una grande capacità di andare a concludere verso la porta avversaria. Potrebbe essere finalmente il momento di Eriksen, soprattutto a partita in corso. Il lavoro di Kulusevski su Brozovic blocca però una fonte primaria dello sviluppo di Conte, che senza Lukaku non può optare per il lancio lungo. Due errori clamorosi fanno rinascere Cristiano Ronaldo, attore non protagonista di un match equilibrato nella prima parte e decisamente a tinte nerazzurre nella seconda frazione.

Nella Juventus, regge il trio difensivo e vanno citati Buffon e Demiral, autori di due miracoli che hanno tenuto in vita la partita bianconera. Nei primi 45 minuti si è vista una squadra che può ambire alle prime tre posizioni della nostra Serie A. Tra 7 giorni a Torino potrà succedere di tutto, con la Vecchia Signora di nuovo favorita. L’intelligenza di Pirlo e la creatività tattica di Conte influenzeranno un match tra due squadre ancora alla ricerca di se stesse.

Ora di nuovo testa al campionato, la rincorsa al Milan continua. Il primo atto di queste semifinali di Coppa Italia va a Pirlo, ma il campo deve ancora consegnarci la verità sul valore di queste due squadre. 

Riccardo Amato

Il futuro incerto del pallone

C’è una classifica composta da squadre, nomi, calciatori e allenatori di prestigio. E poi ce n’è un’altra di giocatori invisibili, promesse non mantenute, indecisi e uomini del pallone che sono in attesa di una chiamata. All’ultima fermata è sceso anche Frank Lampard, esonerato dal Chelsea nelle ultime ore per far posto all’ex tecnico del Psg Thomas Tuchel. Quanto è duro il mestiere dell’allenatore. 

Con l’abito o la tuta sportiva, un costoso orologio al polso e il mondo sulle spalle. Siamo abituati a vederli così gli allenatori di calcio del XXI secolo. Non sono eroi, forse imperatori. Sempre arrabbiati, fin troppo seri, giocano con il loro presente e allontanano il futuro a scosse di 90 minuti. “È solo un gioco”, diremmo noi comuni mortali ma non è così. Quanti pensieri, pressioni, aspettative e poi dubbi, problemi e difficoltà da affrontare. L’unica cosa che conta è il risultato, altrimenti sei fuori.

Si parte da un progetto ambizioso, le foto di rito e i sorrisi, il Presidente di turno che già parla di trofei e della possibilità di un incarico “a vita”. Il tutto accompagnato da una giornata di sole. Niente di più falso.

Gli allenatori sono i testimoni della precarietà della vita (non solo sportiva) che accomuna ognuno di noi. Sono numeri anche loro, come i dipendenti o i manager che saltano a causa di una pandemia, come un giovane al quale non viene rinnovato un contratto di lavoro.
Problemi diversi, distanti. Remunerazioni e premi che non si toccheranno mai come mondi. L’aspetto umano però li avvicina. E allora un giorno sei eccezionale e quello dopo possiamo fare a meno di te. Come si spiega? Quali interessi di fondo e quali motivazioni? Forse stiamo correndo così veloce da non avere più il tempo per ragionare. Ci piacciono i ribaltoni e le decisioni forti. O tutto o niente.

E allora un allenatore come Massimiliano Allegri, pluriscudettato e premiato in seguito ai successi con la Juventus, si può godere lo shopping milanese senza l’assillo di ricevere una telefonata. Lui vorrebbe tornare in campo, eccome, ma nessuno sembra intenzionato a volerlo. “A cosa rinuncio se cambio? E se peggioro la situazione?”. Uno dei risvolti positivi di questa emergenza sanitaria è sicuramente la riscoperta del tema della sostenibilità nel calcio. Cacciare un allenatore costa parecchi soldi, perdere tempo in una corsa continua all’oro che coinvolge centinaia di club, costa ancora di più.

Il duro mestiere dell’allenatore, ma anche del direttore sportivo e del presidente. È tempo di riflessioni. Il calcio si scopre più fragile e ha bisogno di certezze che arrivino dal basso. È il momento delle idee e dell’innovazione, è necessario trasformare un momento di crisi in una nuova scommessa per la collettività. Siamo partiti dall’allenatore, testimonial di un progetto, per arrivare ad osservare il calcio nella sua complessità. Il calcio del futuro non potrà prescindere da valori e regole. 

Ecco lo spazio per i tifosi, per chiunque possa portare una ventata di aria fresca. Il calcio non solo come potere e istituzioni, il calcio come esempio, modello e stile di vita sano. Uno sport più inclusivo, vicino alla gente e portavoce di obiettivi e desideri di portata globale.

Riccardo Amato