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Salvatore Licata, esperienza e passione per il calcio in Sicilia

ESPERIENZA E PASSIONE

Il suo bagaglio di esperienze lo ha portato a lavorare con ottimi risultati nel mondo dello Scouting, la passione, le competenze e il sorriso sono sempre a disposizione di calciatori e addetti ai lavori. Salvatore Licata si presenta così, con il sole dentro e tanta voglia di crescere e migliorare nel mondo del calcio. Giorno dopo giorno.

Nella stagione 2011/12 all’interno di una società di osservatori a Roma, in seguito Direttore organizzativo per Eventi per la società People Soccer SRL. Tra le sue missioni l’osservazione di giovani calciatori e il rapporto con alcune tra le più importanti società professionistiche. Nonostante l’uso delle nuove tecnologie, certe abilità vanno affinate come se ci fosse soltanto l’occhio umano a disposizione.

IL PRESENTE

Ora Salvatore è Responsabile del Settore Giovanile e Direttore Generale del Calcio Trapani 2000, società della galassia Milan Academy. È utile ricordare come diverse competenze, come quelle legate al Marketing e ai Social media, siano diventate sempre più attuali nella costruzione di un progetto sportivo a 360 gradi.

Il contributo di Danilo Tedoldi (Supervisore tecnico presso AC Milan) e la stima nei confronti di Giuseppe Fortunato (anche lui Supervisore tecnico dell’AC Milan) impreziosiscono questa storia. La gestione del Covid_19 e una nuova convinzione: proseguire sulla strada tracciata e mettere a disposizione della società e dei ragazzi qualcosa di più, che venga dal cuore. L’esperienza a Marsala non si può certo dimenticare ma lo sguardo e le intenzioni sono rivolte al futuro.

A Trapani, la città del vento, Salvatore ha trovato la sua dimensione e il suo equilibrio. Le soddisfazioni negli ultimi anni non sono certo mancate. Dall’amicizia con Alessandro Birindelli, ex calciatore della Juventus e grande formatore sia dal punto di vista tecnico che umano, fino alla promozione al ruolo di Responsabile di Settore Giovanile al Marsala 1912, con le semifinali Regionali Under 17 raggiunte e il debutto di alcuni ragazzi in Serie D.

IL FUTURO

Cosa riserva il futuro? Le idee e le successive azioni saranno volte a una crescita della società e a un consolidamento del progetto sportivo appena iniziato. A Salvatore piace ragionare sul medio e lungo termine, consapevole che traguardi come la creazione di una prima squadra competitiva richiedano tempo e pazienza. Si è invece appena conclusa dopo circa tre anni la collaborazione con Bgt Sport Company, per la quale Salvatore ha ricoperto il ruolo di Responsabile Operativo nell’ambito della realizzazione di Camp calcistici.

Il ruolo di osservatore alla US Triestina Calcio 1918 rende bene l’idea di come le società più blasonate ricerchino persone di talento ed esperienza. Salvatore Licata rientra sicuramente tra queste e con umiltà e passione continua il suo viaggio. Il vento in poppa, nella città del vento e con tante storie e progetti da raccontare.

Riccardo Amato

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Un calciomercato atipico ma non per tutti

Lo sapevamo da qualche mese e ora ne abbiamo la conferma: la sessione estiva del calciomercato 2021 sarà diversa dalle precedenti edizioni. Sintomo di un movimento che sta accusando i colpi (o si lecca le ferite) da Covid_19. A prevalere saranno gli scambi, le operazioni a parametro zero sono oro che cola, le occasioni last minute quasi una linea guida per gli operatori di mercato.

Almeno questo è lo scenario italiano. E negli altri paesi? Il Paris Saint-Germain ad esempio, spende e spande come al solito (dove sono Fifa e Uefa?), Barcellona e Real Madrid salutano qualche vecchia gloria ma studiano il colpo del secolo. Per ora sembrano ferme le due finaliste di Champions League, Manchester City e Chelsea, che qualche conto dovranno farselo.

Parliamo della nostra amata Serie A. Il Milan che ha conquistato un miracoloso secondo posto Champions ha appena salutato Donnarumma e Calhanoglu. Ha fatto bene? Dipende dai punti di vista. Giusto non cadere nella trappola dei ricatti dei procuratori, attenzione però a non svalutare un gruppo giovane che di stelle ne aveva ben poche. La linea dettata dal management rossonero è condivisibile, a patto che le uscite vengano compensate dall’arrivo di giocatori giovani o di esperienza.

Sull’altra sponda del Naviglio, l’Inter strapaga lo stesso Calhanoglu affidandogli la maglia che probabilmente non vestirà più lo sfortunato Christian Eriksen. Un’operazione intelligente, certamente. Rimangono dei dubbi sul ruolo del fantasista turco e sul suo reale valore. Sempre a proposito di scambi, si sta parlando di Petagna come vice Lukaku e dei sostituti del prossimo partente, Hakimi, che corre veloce sulla fascia parigina.

E che cosa farà Sergio Ramos? L’interesse della Roma, la concreta possibilità che anche la colonna spagnola possa scegliere Parigi, scelte che vanno a cozzare con la situazione attuale del calcio internazionale. Il ritorno a Parma di Buffon ci insegna che dove c’è un contratto si è disposti davvero a tutto. Non sarebbe questo il momento per puntare sui giovani e sulla valorizzazione del nostro patrimonio tecnico?

Un calciomercato diverso, atipico, ma non per tutti. Il mondo del calcio ha delle regole tutte sue, come i ciclisti che non si fermano al semaforo o viaggiano a tutta velocità in contromano. Capire questo mondo, a questo punto, si fa sempre più difficile. Regnano la confusione e gli interessi di chi ruota egoisticamente attorno a questo gioco.

In attesa di conoscere le scelte di Cristiano Ronaldo e Messi, a settembre assisteremo a qualcosa di diverso dal solito. Forse anche il calcio sta cambiando e dovrà adeguarsi alle difficoltà del momento. A quel punto, ci interrogheremo ancora sui prossimi step per un calcio veramente sostenibile.

Riccardo Amato

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Esclusiva, Marco Di Nardo: “Napoli e Spalletti matrimonio ideale”

Mi sono più volte chiesto quali fossero i motivi di un rendimento così altalenante del club azzurro. L’ultima qualificazione in Champions, sfumata nei novanta minuti contro il Verona, l’addio di Gattuso e i desideri del presidente De Laurentiis. Per cercare di comprendere un ambiente particolare come quello del Napoli, mi sono avvalso dell’esperienza di Marco Di Nardo, giornalista di Calcio Today da sempre informato su ciò che accade all’ombra del Vesuvio.

Partiamo dalle tappe dell’addio tra il Napoli e Gattuso. “Ricordiamoci che Rino non è mai stata una prima scelta per il post Ancelotti, quella si chiamava Allegri e allora ecco sotto quale stella è nata la stagione sportiva. Il tecnico calabrese ha svolto un buon lavoro ma in tanti gli contestano uno stile di gioco e delle scelte un po’ lontane dalle esigenze più strette del campionato italiano”. Sembra quasi che allenare a Napoli sia quasi una missione. “Non è così. Chiaro che il presidente e l’ambiente vogliano dei risultati, sono famelici di vittorie, ma non credo ci sia una pressione troppo elevata rispetto alle ambizioni del club”.

Si mormora che in ogni questione ci sia lo zampino di ADL e che sia proprio lui a volte a condizionare gli eventi. “Il presidente è dipinto in maniera diversa da quello che in realtà è: a volte si fa consigliare da fin troppe persone. La gestione del caso De Nicola, ex medico della società partenopea, che ha accompagnato e supportato i calciatori per gli ultimi 15 anni, ha fatto parecchio rumore”.

La questione infortuni ha pesato e non poco sul rendimento della squadra nell’ultima stagione. Con tutta la rosa a disposizione forse l’epilogo sarebbe stato diverso. E ora il futuro si chiama Luciano Spalletti. “A Napoli sono tra i pochi entusiasti dell’arrivo del tecnico di Certaldo. Ne parlai a dicembre e sono convinto che sia la scelta corretta per centrare l’obiettivo Champions League. Già ad Aprile avevo parlato di un accordo tra le parti. La storia recente del tecnico toscano, all’Inter come allo Zenit S. Pietroburgo, racconta di ottime stagioni, concluse con i risultati desiderati dalla società”.

Uno sguardo alla Serie A e al nuovo scacchiere. Tanti cambi in panchina e un nuovo equilibrio da ricercare. L’Inter sarà ancora la squadra da battere? “Credo di sì. Il tecnico incide fino a un certo punto. In campo scendono i calciatori e non credo che un Allegri alla Juventus, ad esempio, possa da solo cambiare il destino sportivo del club”. Sarà sicuramente un campionato appassionante, con vecchie e nuove pretendenti ai posti che valgono l’Europa che conta.

Infine cosa manca al club partenopeo per il grande salto? “Il risultato finale ottenuto in Serie A rispecchia il valore della rosa e le prestazioni fornite. Alcuni calciatori non si sono del tutto calati nel progetto e urge un cambio di passo in termini di mentalità. Le grandi squadre sono costituite da grandi uomini prima che calciatori”. L’esperienza della stagione appena conclusa sarà preziosa per non commettere gli stessi errori.

Riccardo Amato

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L’Italia ai piedi di Locatelli

Piccolo aneddoto personale: qualche anno fa, durante un corso di formazione organizzato dal Milan, ci trovammo ad analizzare il primo tempo della Primavera rossonera. C’era un giocatore in particolare, un centrocampista con buone doti di palleggio, capace di inserirsi e risultare pericoloso in zona gol. Era ed è Manuel Locatelli, play a tutto campo della Nazionale italiana ed oggetto dei desideri delle big d’Europa.

Dopo un’ottima stagione con il Sassuolo, prima Guardiola e poi Allegri hanno chiesto informazioni sul talentuoso centrocampista italiano. Radio Mercato diffonde la notizia di colloqui già avviati tra la dirigenza bianconera e il club neroverde. Visti gli ottimi rapporti tra il management bianconero e l’uomo mercato Carnevali, l’affare potrebbe andare in porto nelle prossime settimane.

L’Italia che ha battuto ieri sera la Svizzera con un sonoro 3-0 (il secondo di questo Europeo) deve molto a questo talento, così come il ragazzo deve altrettanto a Mancini. Questa squadra nasce da una visione, da un progetto a lungo termine pensato prima e applicato poi a partire da giocatori di qualità. In origine era Zaniolo, poi costretto ai box per un grave infortunio, ora tocca al calciatore del Sassuolo rappresentare un movimento di bravi ragazzi dai piedi buoni.

L’Italia è bella da vedere e si diverte. Spinazzola sembra Bolt, Insigne è al centro di ogni azione offensiva, Immobile fiuta la porta avversaria come un vampiro con la prossima preda. La difesa non subisce gol e la panchina garantisce varianti tattiche anche a partita in corso. Ora il prossimo step: confermare i progressi degli ultimi mesi e puntare alla perfezione. Tradotto: maggiore cinismo e la possibilità di alternare strategie tattiche a seconda dell’avversario.

Gli azzurri continuano a giocare e a macinare chilometri. Il rientro di Verratti consentirà a Mancini di alzare l’asticella e pretendere ancora di più in termini di gestione del pallone. Jorginho e Barella sono già fondamentali per il loro apporto sia in fase di possesso che in interdizione. I principali dubbi della vigilia sono stati spazzati via da prestazioni convincenti e da una grande mentalità. Finché l’arbitro non fischia, è coretto continuare a correre e a sudare per la maglia del proprio paese d’origine.

Insomma, solo buone nuove dall’Olimpico di Roma. L’Italia che batte la Svizzera e approda agli ottavi si porta con sé solo dolci pensieri. Il gioco è sempre al centro, gli interpreti sono vogliosi e determinati. L’obiettivo comune rimane quello di scrivere un’altra storia importante di questa gloriosa cavalcata azzurra. I volti da copertina si alternano, ma ciò che conta è il gruppo. La missione è chiara a tutti e chissà che non si possano ribaltare alcuni facili pronostici.

Riccardo Amato

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Intervista a Diego Franzoso: “Ecco il mio nuovo libro”

“Educare alla complessità del gioco” è l’ultima opera di uno degli allenatori più preparati del panorama nazionale. Diego Franzoso non possiede soltanto le competenze di un ottimo tecnico, bensì mette a disposizione il suo know how e rende il calcio un gioco ancora più stimolante e divertente. Merito del suo sito, ideacalcio.net, ormai vero e proprio punto di riferimento per chi volesse approcciarsi a questa professione.

Formare il giocatore pensante o guidare il calciatore nella scelta? “Il calciatore deve conoscere prima di tutto il gioco e i suoi principi, solo così potrà scegliere il meglio per se stesso e per la squadra”. Gli aspetti cognitivi sono sempre presenti nelle esercitazioni del Mister veneto, da sempre attento alla cura dei dettagli e all’inserimento di varianti stimolanti e divertenti per ogni esercizitazione.

“Non dobbiamo mai dimenticare il vero obiettivo del nostro lavoro. Pensare soltanto al risultato con ragazzi di 12 o 13 anni significa non lavorare per il loro bene”. Tutto il movimento italiano si è dimostrato ancora indietro rispetto ad altri paesi. E qui non si parla solo di calcio. “Lavorando nelle scuole come insegnante di educazione fisica, mi sono reso conto di una realtà alquanto preoccupante. Ragazzi e ragazze già strutturati fisicamente che avrebbero bisogno di una nuova alfabetizzazione motoria”.

Lo sforzo e il lavoro dovrebbero essere collettivi. Nell’era dei webinar e del flusso continuo di informazioni, quanti allenatori rimangono fedeli al loro credo e coerenti nelle proposte? Seguire le mode può rivelarsi cool ma non efficace, lo studio e la preparazione delle esercitazioni invece, partono da lontano.

“Educare alla complessità del gioco” racchiude anni di lavoro, tentativi, sperimentazione, idee e fantasia al supporto dei ragazzi. L’interpretazione delle esercitazioni e il “come” più che il “che cosa” differenzieranno la proposta per ciascun atleta o squadra. Diego Franzoso ci guida in un mondo sicuramente complesso, ma anche stimolante, ricco di possibilità e divertente.

Più che il nome della squadra che guidi, contano i tuoi principi, i valori e le tue esperienze. La competenza è lo strumento essenziale per rendere concreto e tangibile il frutto del tuo lavoro. I bambini e i ragazzi sorridono e ringraziano. In ogni momento sul campo imparano qualcosa di nuovo e si sentono sempre al centro del progetto.

Fortunati saranno i tecnici che potranno contare sul lavoro precedente svolto da Diego, grande studioso di calcio, attento osservatore e portavoce di un modo di fare sport genuino e sano. Il calcio cambia, le cose e le persone si evolvono, gli insegnamenti restano. Un grande in bocca al lupo a un tecnico che non smette mai di stupirci e che farà parlare ancora di sé.

Riccardo Amato

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Euro 2020, È questa l’Italia che vogliamo!

“Non ho grandi promesse da fare. Sicuramente onoreremo la maglia”. Detto, fatto. Roberto Mancini e i suoi ragazzi affrontano con determinazione e coraggio il primo scoglio di questo Europeo. Il risultato? 3-0 per noi. La Turchia non si è dimostrata di certo una corazzata, ma il salto di qualità azzurro è evidente. Aggressione, palleggio e concretezza. Una partita condotta dall’inizio alla fine con una sola idea in testa: essere padroni del proprio destino.

Appare persino riduttivo parlare di uomini. Sì perché questa Nazionale è un gruppo. Contano i principi, le idee, il sacrificio e il desiderio di regalare una grande gioia a un popolo che ha sofferto. Il pubblico sugli spalti è il primo bellissimo gol segnato da chi ha a cuore il bene di questo sport, gli altri tre, quelli sul campo, raccontano di una squadra ormai matura. Essere consapevoli delle proprie qualità può essere un rischio, ma meglio correrlo insieme.

Il percorso dell’Italia inizia sotto i migliori auspici. Ancora una volta la porta inviolata (Donnarumma quasi spettatore), la solidità difensiva, un centrocampo a tre di grande qualità e dinamismo, l’imprevedibilità di Insigne e Berardi. Quest’ultimo, insieme a Spinazzola, è il vero simbolo di questa Nazionale. Il talento serve eccome, ma la voglia di sacrificarsi per se stesso e per la squadra, ti rende un giocatore migliore.

Il risultato perfetto per scrutare l’orizzonte con fiducia e ottimismo. La panchina offre soluzioni golose, soprattutto in attacco. Il lavoro del commissario tecnico dovrà essere giudicato dai risultati. L’aspetto mentale sembra il punto di forza di questa squadra: concentrata, determinata e capace di leggere la partita in corso.

La qualità e il coraggio. L’umiltà di riconoscere le proprie origini e cercare un miglioramento continuo. L’errore più grande sarebbe quello di montarsi la testa. Cancellare questi primi novanta minuti e vivere ogni partita come una finale, facendo prevalere la gioia sull’ansia da prestazione. Segnali più che parole, perché servono azioni concrete. Quando l’avversario si chiude e ti costringe a un gioco sporco, devi essere abile nel continuare a giocare con pazienza e trovare la soluzione vincente.

Il gioco porterà questa Nazionale a confrontarsi con le squadre più blasonate. Il grande vantaggio di non partire come favoriti e affidare agli altri le più alte responsabilità. L’orgoglio di giocare questa competizione in casa, sostenuti dal proprio pubblico è quella motivazione essenziale per compiere le più grandi imprese. Buona la prima, ora testa alla prossima.

Riccardo Amato

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Professionisti allo specchio: il gran finale!

L’ultima serata di Professionisti allo specchio non ha certamente deluso le aspettative del pubblico presente. Christian Renghi di Slow Futbol, da ottimo padrone di casa, ha condotto una serata ricca di ospiti (addirittura quattro), dirigendo il traffico di informazioni, spunti, riflessioni e approfondimenti.

Gli ospiti della serata, Furio Corosu (Responsabile tecnico affiliate Udinese Calcio), Alessandro Ramello (Responsabile tecnico dell’attività di base del Bologna FC 1909), Matteo Grassi (Attività di base della SS Lazio) e Stefano Pasquinelli (Responsabile dell’attività di base della SS Lazio) hanno arricchito il confronto e ispirato l’operato di dilettanti e professionisti. Il protagonista è sempre lui: il gioco del calcio.

La missione dell’allenatore, gli aspetti relazionali, la comprensione delle fasce d’età e una metodologia pronta a recepire le difficoltà del presente, sono solo alcuni degli aspetti descritti da Furio Corosu. Come accade durante un volo in aeroplano, guardare dall’alto la complessità del sistema non significa per forza di cose allontanarsene. La comprensione delle unità organizzative e la valorizzazione delle qualità dei tecnici, permettono al calciatore di crescere in maniera sana e organica, apprezzando il piacere del gioco attraverso esperienze di assoluto valore. I bambini ricordano soprattutto ciò che gli viene trasmesso con entusiasmo e divertimento.

Il network del Bologna FC 1909 parte da lontano e si affida come sempre al valore delle persone e della tradizione. Daniele Corazza, a capo del Settore giovanile, trasmette non solo linee guida ma insegnamenti per la vita di tecnici e calciatori. Alessandro Ramello ci permette di partecipare non solo virtualmente a tutte le attività della realtà rossoblu. Alcuni principi metodologici: il rapporto istruttore/allievo, la gestione della seduta a 360°, un’alta intensità e la variabilità nelle proposte di allenamento. Semplicità, empatia e divertimento abbracciano l’intero progetto sportivo e umano per la valorizzazione del patrimonio tecnico a disposizione.

Sostare nella complessità è un principio sviluppato dal Settore giovanile della Lazio. Matteo Grassi e Stefano Pasquinelli, supportati dal loro staff, hanno compreso come la complessità sia diventata parte del gioco. Diventa importante comprendere la circostanza: il gioco è maestro, percezione, scelta e azione guideranno il ragazzo fino all’obiettivo stabilito. Per quanto riguarda il modello di gioco, dai comportamenti collettivi si passerà poi a quelli individuali, stimolando la lettura della situazione da parte del giovane calciatore.

Potete rivedere alcune strategie riguardanti il calciatore e l’operato del tecnico, cliccando qui. Quattro interventi che, se possibile, hanno svelato alcuni enigmi e rafforzato nuove convinzioni. Il tecnico deve sempre porsi delle domande e agire per il bene dei ragazzi. Il confronto, la capacità di adattamento e il problem solving le skill essenziali da riscoprire grazie alla formazione continua e all’aggiornamento. Lo spirito di questa seconda serie di Professionisti allo specchio resterà sempre con noi e rivivrà nei prossimi eventi, nelle esercitazioni e nei momenti di confronto. Il calcio, in fondo, è un gioco di squadra.

Uno sport che unisce e abbatte barriere di ogni tipo. La comprensione delle dinamiche tecnico-tattiche, la partecipazione e la voglia di migliorare ogni giorno la propria proposta, sono sentieri da percorrere con gioia alla massima velocità. L’augurio più grande è che queste idee vengano accompagnate e consolidate attraverso il riscontro del campo. Non vediamo l’ora di scendere di nuovo in campo per mettere a disposizione delle nostre società un nuovo bagaglio di conoscenze ed esperienze.

Un ringraziamento particolare a Claudio Gori della Rete dei Mister, Alessandro Crisafulli, Slow Futbol, ASD Next Level Soccer, Rabonita e Newsteam per aver reso possibile tutto questo. Un grazie di cuore ai relatori e a tutti coloro che credono nella forza delle proprie idee e nel valore delle persone. Il meglio deve ancora arrivare!

A presto!

Riccardo Amato

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Il calcio e il tabù dell’omosessualità

Per la categoria Storie, mi spingo in un terreno inesplorato, affrontando il calcio e i suoi tabù. Come potete leggere nel sottotitolo del mio blog, “Capire il mondo del calcio”, lo sport e il calcio in generale non hanno solo a che fare con risultati e prestazioni. Esistono questioni più profonde, importanti, da trattare. Possono sorgere difficoltà e incomprensioni ogniqualvolta si insabbi il problema.

Il tema dell’omosessualità nello sport è tra i meno dibattuti. Chissà il perché. In questa occasione mi aiuterà un amico, Maurizio Mazzocchi, grande tifoso laziale e appassionato di calcio. Un racconto estremamente attuale ed interessante per chi volesse dire la sua, ma nel momento topico, non sente di avere forza o voce. Un articolo dedicato a chi si sente solo o incompreso. Le parole possono aiutare ad esprimere qualcosa di nascosto.

“I miei ricordi da bambino? L’oratorio: c’era una squadra di calcio e partecipavamo ai vari tornei regionali. La scuola calcio è stata la mia prima palestra di vita. Undici anni molto importanti dal punto di vista umano, contraddistinti da quello spirito e quella partecipazione che rendono il calcio uno sport divertente”

“Il mio mito è sempre stato Alessandro Nesta, da piccolo gli scrivevo persino delle lettere”. Come altri calciatori di quell’epoca che sembra ormai lontana, il calciatore era soprattutto uomo, volto pulito, esempio. “Sono un grande tifoso della Lazio ed ebbi la fortuna di conoscere Beppe Signori quando giocava nel Foggia”. Non fu l’unico personaggio famoso che Maurizio incontrerà lungo il suo cammino.

La passione per il calcio è sempre stata una questione di famiglia. Impossibile ignorare quello che successe nel periodo del Foggia di Zeman negli anni ’90. “Anche noi abbiamo contribuito alla passione di quella piazza così calda. Una sorta di educazione e comprensione della cultura sportiva”.

Da ragazzo mi cimentavo con alcuni giochi per computer. Il mio preferito era Championship Manager: lì ho capito che mi sarebbe piaciuto diventare un allenatore. Ne parlai con Delio Rossi, tecnico del Lecce nella stagione 2002/2003. Mi ero reso conto che nel gioco c’erano degli ottimi giocatori e gli dissi di promuovere Chevanton. Il resto è storia.

Crescere significa anche confrontarsi soprattutto con se stessi. “Da bambino non avevo la consapevolezza di chi ero, eravamo tutti uguali. Mi chiamavano “il ballerino” per il mio portamento e la mia gestualità. Tuttavia non avvertì alcun problema di inclusione”. Con l’avvento dei social media, la questione potrebbe cambiare. I ragazzi di oggi potrebbero avere più difficoltà a confrontarsi con il mondo esterno.

“Nel 2013 scoprì quasi casualmente che un amico giocava a calcio. Fu così che creammo una squadra di calcetto composta da ragazzi gay: ci fu talmente tanto entusiasmo da dover organizzare due-tre partite a settimana per accontentare tutti”. Fu quasi come il primo passo sulla luna.

“Non eravamo soli. A Bologna, Torino, Firenze e Napoli si organizzarono altri tornei. Il più folkloristico al quale partecipammo fu “La finocchiona” di Firenze, nel giugno del 2015, proprio durante il periodo del Gay Pride. Uno dei momenti che ricordo con maggiore piacere era quello in cui si mangiava e beveva tutti insieme e poi si andava a ballare dopo la partita”. Creare un gruppo sano e affiatato, nel calcio come in altri sport ci permette di scoprire i valori dell’amicizia e della condivisione.

“Decidemmo di alzare l’asticella e di iscriverci ai tornei Sportland. Alcune squadre non si dichiaravano dal punto di vista del loro orientamento sessuale, altre invece sì. Devo sottolineare come non abbiamo mai avuto problemi, né situazioni scomode o insulti con le altre squadre”.

Il pregiudizio. “Il mercato (gli sponsor) e le questioni economiche pesano eccome sulle scelte dei principali personaggi pubblici. Il tabù si crea perché si nascondono delle cose. La politica, in particolare con il ddl Zan, prova a dire che lo Stato c’è e può aiutare anche nello sport”.

Omosessualità e razzismo sono sullo stesso piano? “I problemi legati al razzismo e all’omosessualità dovrebbero attestarsi sullo stesso livello. Ciò che vedo è che per il primo si sta facendo qualcosa…”

“Parlare nelle scuole, avvicinare le famiglie e i ragazzi alla comprensione di se stessi potrebbe essere una soluzione. Dall’educazione sessuale al semplice dialogo, non serve costruire muri, bisogna aprire le classi ai temi dell’attualità”. Un collegamento richiesto anche per la semplice preparazione all’attività sportiva.

“Avete presente l’immagine dello stadio che ti fischia solo perché sei nero? Ora i giocatori reagiscono, possono farlo e ricevono solidarietà, ma se dovesse farlo qualcuno come omosessuale? Cosa accadrebbe? Una persona omosessuale nel calcio è ancora sola, non ha la forza, non è aiutata e compresa ad essere accettata”.

Spesso ci si nasconde dietro quel “politicamente corretto” che soffoca i tentativi di educazione nel senso di far conoscere il problema.Il calcio è una scuola anche in questo senso. Apprezzare il valore della diversità, a partire dai più piccoli, rappresenterebbe un gran bel punto di partenza.

Qualcosa sta cambiando. I mondiali di calcio femminile trasmessi in tv sono già un momento storico: un insegnamento per il pubblico (maschile). Esiste anche il calcio femminile. Da sempre esistono delle contraddizioni ormai accettate. Una su tutte? La pallavolo maschile.

Meglio tardi che mai. Un altro importante messaggio di inclusione? Le donne arbitro come Stephanie Frappart, in campo in occasione della finale di Supercoppa Europea soltanto qualche mese fa.

“Oggi è difficile fare il calciatore per i messaggi che lanci ogni giorno.Ci vuole più impegno. Dietro l’angolo c’è sempre un problema di comprensione. Da David Beckham a Cristiano Ronaldo, le questioni relative all’immagine non sono mai state così cruciali”.

In un calcio maschilista, la donna che fa la sfilata in tv e i maschi che sbraitano e urlano di calcio mostrano un connubio perfetto per una seconda serata. La donna sessualizzata, intesa come rappresentazione molto femminile nell’apparire, spesso stona con un concetto di “sola” professionalità.

Una Anna Billò (Sky Sport) ad esempio, costruisce la sua immagine non solo sulla bellezza ma soprattutto sulla competenza. Così è stato per Ilaria D’Amico, padrona di casa del calcio in tv. Non deve per forza apparire. Una famosa soubrette moglie di un calciatore invece non fa nulla per non provocare e far parlare di sé.

Sono mai stati invitati come ospiti in tv dei calciatori omosessuali? Raramente è successo. Sintomo di una presa di distanza, più o meno immaginaria, da un mondo già presente all’interno del mondo del calcio.

Riccardo Amato

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Professionisti allo specchio: i temi della terza puntata

La serata che abbiamo vissuto tutti insieme ieri sera ci ha confermato l’importanza della condivisione e del confronto. Il mondo del calcio e dell’attività di base in particolare, hanno bisogno di idee forti, esperienze e competenze da mettere al servizio dei bambini. Lo sport rappresenta quella prima “palestra” all’interno della quale imparare regole, mettersi in gioco e aiutare il prossimo ad esprimere il meglio di sé.

Gli interventi di Leonardo Zanfi (Accademia Modena), Marco Arcese (Pescara Academy), Angelo Colombo e Andrea Biffi (A.C. Monza) arrivano in uno dei momenti più alti della serie Professionisti allo specchio, per valore delle esperienze e conoscenza della materia. L’autonomia del giovane calciatore, la capacità di ripartire dopo la pandemia da Covid_19, la voglia di imparare e superare gli ostacoli per scoprirsi persone migliori. Il calcio è anche questo. A volte si attacca, altre bisogna sapersi difendere.

La realtà presentata nel primo intervento, quello di Leonardo Zanfi, ci mostra un grande campo verde dove passione, entusiasmo e coraggio spingono i bambini ad imprese sempre più grandi. La richiesta (e la proposta) consistono nel mettere in atto un gioco propositivo attraverso una metodologia integrata. La paura è un’amica incompresa, perché il cuore dell’allenamento è la volontà di migliorarsi. La resilienza una qualità da portare sempre con sé nelle sfide di tutti i giorni.

Marco Arcese è l’uomo delle domande, quelle essenziali. Quei dubbi che accompagnano il tecnico in campo ogni volta che vi mette piede. Qual è la missione dei tecnici? Quali strumenti e quali metodi possono condurci alla meta? “Non dobbiamo dimenticarci di essere stati anche noi dei bambini”. L’eterogeneità di un gruppo, caratteristica presente in quasi tutte le società dilettantistiche, diventa un valore. L’esperienza un mezzo. Il bambino si meraviglia ogni volta, imparando a conoscere se stesso e il mondo che lo circonda.

Ciò che davvero non può mancare è la competenza. Secondo Andrea Biffi, tecnico U7 e U8 dell’A.C. Monza, “per poter allenare i bambini servono conoscenze a 360 gradi”. Angelo Colombo, Responsabile dell’attività di base del club lombardo, presenta il metodo Monza, il G-A-G, con passione e dinamismo. Un metodo per nulla rigido, costruito sul gioco e sulla capacità di adattamento del singolo atleta. Il gioco è sempre al centro. La sperimentazione e quel pacchetto di tentativi ed errori che arricchiscono il percorso di un bambino, sono step fondamentali per crescere.

Tre contributi che assomigliano a tre grandi fiumi che sfoceranno nello stesso mare. Passione, competenza, coraggio, coerenza, voglia di cambiare uno sport in continua evoluzione. Le proprie storie da trasmettere e raccontare a quei bambini che hanno sofferto, ma non hanno mai mollato. Il calcio sta ripartendo. È questo il segnale che tutti volevamo ricevere. Ora tocca a noi scendere in campo, con un occhio al presente e la testa già al futuro prossimo.

Infine, l’ennesima conferma che non stiamo parlando soltanto di calcio. Una grande mente del passato, Albert Einstein, una volta disse: “Superiamo l’idea che solo i ragazzi debbano dedicare il loro tempo allo studio. Si è uno studente finché si ha ancora qualcosa da imparare, e questo significa per tutta la vita”. Un nuovo punto di partenza per un nuovo viaggio ricco di spunti, riflessioni e calci a un pallone.

Riccardo Amato

 

Ecco i riferimenti degli organizzatori degli eventi!

Alla prossima puntata, giovedì 10 giugno sulla pagina Facebook di Slow Futbol. Non mancare!

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Stefano Barbetta: “Mourinho? La Roma ha già vinto”

“Mourinho è la Roma perchè della Roma condivide l’ambizione, la personalità, lo spirito e quella modernità ancorata nella tradizione di un passato glorioso che è un incentivo e non un appagamento”. Basterebbero queste parole per sintetizzare la carriera di un grande allenatore, quelle dosate da Stefano Barbetta.

Studiare Mourinho, comprenderne provocazioni, smorfie e gesti, è un po’ come tradurre un’opera antica. Conosci l’autore, lo stile e le tecniche. Tuttavia rimani sorpreso. Un po’ come è successo nell’ultima fase della carriera dello Special One. “Le ultime destinazioni si sono rivelate non adatte al personaggio. Ma la Roma è un’altra cosa”.

L’immagine di un gladiatore 2.0 che esalta se stesso e l’arena, Mourinho capopopolo, condottiero e volto di un moto impetuoso. In campo e fuori. “Il tecnico portoghese non può considerarsi semplicemente allenatore, ma psicologo, illusionista, manipolatore”. I termini “prostituzione intellettuale”, “zero titoli”; gli attacchi continui agli avversari per sentirsi vivi e in lotta con il mondo. Una strategia comunicativa efficace e vincente.

Un vincente che non ha bisogno della vittoria a tutti i costi. Anche quando la sua squadra perde, Mourinho ha vinto. “Pensa se dovesse vincere la Coppa Italia con la Roma, che cosa accadrebbe?”. Parliamoci chiaro. L’obiettivo della Roma di Mourinho sarà probabilmente un posto Champions, sullo sfondo l’ipotesi di un trofeo “minore”.

Dopo Fabio Capello a Roma nessuno è riuscito a portare risultati di rilievo, abbinando pragmatismo e catalizzando le attenzioni. Nasce anche da questi presupposti la scelta del personaggio sportivo più amato (e odiato) del calcio del duemila. Roma ha bisogno di vincere e di riconquistare quel rispetto e quella sana arroganza che soltanto i numeri uno sfoggiano con eleganza.

Quel sorrisetto ironico che sa di provocazione, quel “tutti contro tutti” che riempie l’aria come il rumore dei nemici. Mourinho accentratore, catalizzatore e scudo contro le critiche, persino quelle interne. E se dovesse fallire? “Non avrebbe problemi ad ammettere che a sbagliare sono stati gli altri, coloro che lo hanno scelto”. Una psicologia inversa che sa ammaliare e disturbare chi lotta come te per gli stessi obiettivi.

Mourinho andrà a compensare le possibili lacune dei Friedkin, alla prima esperienza nel mondo del calcio. “Un uomo troppo intelligente per giocare le carte sbagliate. La strategia di comunicazione e l’abilità di spostare l’attenzione dalla squadra ad un nuovo problema: è arte”. Che sia una domanda piccata in conferenza stampa o un gol da realizzare, poco conta.

“La Roma ha già vinto”. La notizia dell’approdo nella Capitale del tecnico portoghese ha fatto schizzare alle stelle i numeri social della squadra giallorossa e non solo. Un grande acquisto per tutta la Serie A, improvvisamente terra promessa e di nuovo appetibile per i grandi nomi dello sport.

Per ritrovata mentalità, storia e trofei, la Roma lotterà per le posizioni più alte della classifica. Questione di coraggio, rispetto e quella sana arroganza di chi ha vinto e sa che, comunque vada, la storia l’ha già scritta.

Riccardo Amato

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La copertina del libro di Stefano Barbetta, “Il vangelo secondo Mourinho”