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Pep Guardiola e un crollo annunciato

Si sarà guardato allo specchio più volte Pep Guardiola nelle ultime ore. Lui che fa dello stile e del messaggio da portare in campo dei mantra imprescindibili, colui che vede nella perfezione che tocca l’ossessione l’unica via per il successo. Si sentirà deluso e solo. I suoi ragazzi l’hanno tradito o semplicemente stiamo registrando la fine di un’era? Sempre in Inghilterra, il suo acerrimo nemico José Mourinho ha “deposto le armi” e ha ammesso come il calcio stia cambiando. Forse lo stesso discorso vale anche per il tecnico catalano che non è riuscito nella missione sulla carta più semplice: raggiungere una semifinale di Champions League oggettivamente alla portata.

Si è detto molto dei Citizens, si è parlato di una Cenerentola nel calcio dei grandi, capace di investire 800 milioni e dilapidarli, eliminare il Real Madrid e fermarsi sul più bello, a un passo dalla storia. Il calcio sta cambiando, non c’è dubbio e tutti quegli allenatori “integralisti” farebbero bene a rivedere le proprie convinzioni. Tra questi c’è sicuramente Guardiola, vero innovatore nel calcio moderno ma troppo legato alle sue idee e ai suoi principi. La parallela ascesa di tecnici come Flick con il Bayern Monaco e Nagelsmann con il Lipsia non può essere letta come una casualità. Lo stesso Rudi Garcia, vecchia volpe del calcio internazionale, ha conquistato la gloria grazie a tanto sacrificio, concetti semplici e grandissimo rispetto degli avversari.

Più dei fatturati, più dei grandi campioni contano quindi le idee e la capacità di adattamento a un gioco fluido e imprevedibile? In parte è vero, ma c’è una piccola premessa da tenere a mente. L’emergenza Coronavirus ha di fatto rimescolato tutte le carte in tavola, edulcorato i valori in campo, i calendari hanno condizionato non poco l’esito di questa fase finale della stagione, la condizione mentale e fisica dei giocatori è diventata una vera incognita. Così abbiamo visto soffrire Juventus e Atalanta e paradossalmente, dopo settimane di riposo, rifiorire Bayern Monaco e Lione. L’emergenza sanitaria e la decisione discutibile di far comunque riprendere la stagione sono diventati fattori determinanti per gli esiti sportivi di questa stagione 2019/20.

Tornando al Pep, è il filo conduttore delle cocenti eliminazioni in Champions ad alimentare i dubbi. È davvero lui l’uomo giusto per vincere in Europa? Le compagini affrontate sono sempre state inferiori per cifra tecnica. Si tratta di una questione caratteriale? Il tecnico catalano ha sì vinto ma non ha trasmesso quella giusta mentalità necessaria per andarsi a prendere il bottino pieno. Impossibile operare un confronto con l’era blaugrana. Quel Barcellona vinse tutto e non diede quasi mai segnali di cedimento. Messi, Xavi e Iniesta non sono minimamente Gabriel Jesus, Rodri o De Bruyne. Ciò che conta è però il risultato finale e qui leggiamo il fallimento dell’era Guardiola. Un fallimento parziale ma pur sempre un fallimento. Se a Barcellona si respira aria di rivoluzione, è bene interrogarsi sul presente di questo Manchester City, ancora acerbo per i palcoscenici più importanti o semplicemente poco umile per ammettere i propri errori.

Riccardo Amato

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