È finito anche lui nel tritacarne mediatico. Questione di tempo. Simone Inzaghi ha un piede fuori dal mondo Inter ed è inevitabile dopo le mille chiacchiere delle ultime settimane.
Abbiamo parlato a sufficienza di Inter-Juventus? Bene. Adesso cerchiamo di ragionare sulle scelte di una società che si prepara a una nuova rivoluzione. Non quella che si legge sui giornali eh, non siamo al supermercato! Chi ama l’Inter sa che non c’è mai pace.
L’allenatore appunto. Quella figura che o fa l’incudine (quasi sempre) o il martello (vedi Mourinho e in parte Conte). Simone Inzaghi però ha delle responsabilità.
Quest’anno non ci ha capito molto, bisogna essere onesti.
Al netto di un percorso in Champions League oltre le aspettative e che verrà o meno completato contro il Benfica, entro i confini italici la squadra ha fatto vedere la versione peggiore di sé. Molle, nervosa, incapace di raddrizzare partite più che abbordabili.
Ho riflettuto molto nelle ultime ore sull’atteggiamento e l’approccio di un gruppo che appare più che sfilacciato. Rotto in mille pezzi. Ecco perché i nomi in circolazione (Conte, Thiago Motta, Mou e chi più ne ha più ne metta); ecco tornare quell’accanimento che soltanto chi guida calciatori vestiti di nerazzurro conosce. Lo stesso Luciano Spalletti, pur avendo raggiunto gli obiettivi societari, fu ai tempi massacrato.
Nessuna critica ad esempio a Stefano Pioli, colui che il tricolore l’ha conquistato pochi mesi fa e a questo punto sembra averlo fatto quasi per sbaglio. La colpa, alla fine, è sempre dell’Inter.
Simone Inzaghi si è giocato l’Inter in quei brevi momenti in cui avrebbe dovuto rimanere se stesso. Il problema è che sono in tanti ad aspettarti al varco e quelle chance di ripartenza sono infinite soltanto a parole. Facile commentare da fuori ma dopo una stagione quasi perfetta, aspettarsi un passo in avanti era la richiesta più legittima. I tifosi sanno amare incondizionatamente soltanto quando non abusi della loro pazienza.
Riccardo Amato
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